domenica 21 giugno 2015

This Conversation is Over.

Purtroppo dobbiamo parlare.
Anzi no, ho finito di parlarti troppo tempo fa ma probabilmente hai voluto credere che parlassi in esperanto.
... Eppure dici di conoscere l'esperanto.
Dicevi anche di scolpire il ghiaccio, di disegnare la Russia, di parlare nel Valhalla.
Dicevi di capirlo, di capirmi e di capire.
Ti sei raccontata storie bellissime ma non ci sei proprio riuscita a realizzarle.
Sei ancora ferma nella tua stessa merda, anche se durante la primavera vedi la neve posarsi fuori dalla finestra e stai cercando di imparare un'altra lingua per dire quanto sia meraviglioso tutto ciò.

Sì, lo so. Anatemi.
Me ne stai lanciando.
Però cara, è finita. Inutile star qui a discutere, perché non ti voglio più.
E' stato bello finché è durato, ne abbiamo parlato ma non riesco più a sedermi sulla tua sedia, a mangiare dai tuoi piatti, a difenderti da tua madre, a cercare di farti capire che chi hai sposato ama più il collo di una bottiglia che le tue labbra.

Finale tragico?

Sinceramente no.
Me ne frego e un po' mi faccio schifo.
Però ti ho detto la verità e quindi mi faccio meno schifo.

Fidati, è più giusto così.

Una zavorra in meno per entrambe.

Finita, come con lei e come con le altre persone che hanno trasformato il bene in un virus incurabile.

No, non sto amputando un arto...
... non sei così importante ...
... non lo sei più da troppo tempo.

martedì 18 novembre 2014

Umori in ordine casuale.

Giorni di febbre che ti portano a una riflessione forzata.
Perché lo stare a casa mi fa venire in mente...
No, perché non mi va di fare un cazzo.
Quindi penso.
A che penso?
Aggiorno e metto in ordine
In ordine casuale, perché le maglie della catena di pensieri si sono rotte, sono sparse sul pavimento e devo cerare di metterle in fila.
Non posso riagganciarle perché non si appartengono.

Che cosa posso provare ora?
Ora che non sono ancora abituata a questo angolino vuoto. Sono in una stanza.
Alberga un Maggio perenne. I muri sono odorosi perché pregni di polline. Potrei sentire il gusto dei gigli da metri di distanza.
In questa stanza di solito non sono mai stata sola.
C'eri tu. Tu.
Alla fine TU.
Qualche passante mi ha fatto visita fra un Tu e un TU, ma erano viaggiatori che avevano perso il filo del discorso e sono inciampati sulle frange dei tappeti.
Però quell'angolino vuoto era solo per un tu, o un Tu o un TU.
E' tanto che non c'è niente - che non ci sei, chiunque tu sia mai stato- e sinceramente non voglio invitare nessuno.
Però questa stanza non è abituata.
Si sente spogliata del dolore tanto familiare. Ci si era anche innamorata di quel dolore.
Io -padrona di casa stronza- li ho sfrattati tutti per mettere un po' d'ordine. Non sentivo più il bisogno di fare l'amore, poi scopare e poi urlare. Era arrivato il momento di raccogliere la polvere e gettarla fuori dal terrazzo più alto del mondo.
Fate schifo.
Faccio schifo.
No, fate schifo!


Sto ancora guardando quell'angolino vuoto...
La forte tentazione di riempirlo con qualche taglio di capelli nuovo e un timbro di voce mai sentito fa capolino nella mia testa in questi giorni. Sono stata chiusa in casa con la febbre e tanta voglia di nerdare su Dragon Age - fottuto boss della minchia -. Fra una bestemmia e l'altra si sono rifatti vivi questi desideri dolciastri.
Ho ancora bisogno di un TU?
Everybody needs somebody to love. 
Quindi sarebbe anche normale, giusto?
Ma ultimamente stai interferendo troppo con i miei piani... e con il mio piano ....
Ieri gli ho fatto visita. Avevamo litigato e abbiamo fatto pace con la solita melodia sciogli-dita.
Quando Madre non c'è è facile suonare. Nessun chiacchiericcio da quartiere può infilarsi fra le note, quando siamo solo io e lui.
Ho ripreso confidenza con i tasti bianchi e neri.
Ho voglia.
Non voglio crearmi pigri alibi.

Vorresti essere tu colui che riempie quell'angolino?

mercoledì 5 novembre 2014

Questo è mio. Questo è tuo.

Novembre. Questo è il periodo in cui prendi a stilettate il sole.

Non troppo tempo fa una sciocca conversazione virtuale con un conoscente mi ha fatto ricordare quell'odiosissimo grembiulino che ci facevano indossare all'asilo. Infeltrito, ruvido, troppo largo sui fianchi e troppo stretto sulle maniche. Se indossavo un maglioncino lo sentivo tirare per tutto il giorno. Era pieno di merletti e fiori cuciti da una badante cieca. Sono certa che anche i Kiss lo avrebbero considerato una pacchianata senza pari.
Ma la cosa che mi rendeva isterica già a 4 anni era il suo color rosa confetto.
“E’ per le femminucce” diceva la maestra Filomena, grassa e rubiconda. Aveva un sorriso perennemente stampato ma mai accompagnato da quelle righe sul naso, tipiche di chi è sinceramente cordiale.
“Maestra, io non voglio. Non mi piace”
“Cara, sei bellissima! Torna a giocare con le altre bambine. Lì ci sono le bambole.”
“Posso prendere le macchinine?”
“No, quelle sono di Marco. Poi sono giochi da maschietti”
Questo è mio. Questo è tuo.
Questo è da maschio. Questo è da femmina.

Quali parole mi hanno fatto tornare alla mente questi momenti un po’ sbiaditi?
Semplice.
Non mi va di inveire troppo sulla natura del mio interlocutore casuale, vi basti sapere che una sera ha tentato di ubriacarmi per creare il terreno del suo maldestro abbordaggio. Fortunatamente due mesi trascorsi in Polonia hanno forgiato una corazza d’acciaio intorno al mio fegato, mentre il poveretto è stato portato via dagli amici mezzo tramortito dalla vodka.
Torniamo a monte.
Si parlava di videogiochi e improvvisamente il soggetto sopradescritto digita queste parole “Ti dirò, sono per la parità dei sessi ma le donne non saranno mai pari all’uomo. L’uomo sarà sempre un po’ più superiore. Ma non tutti gli uomini eh? Solo gli uomini veri!”

Carnival Cliché!

“Motiva la tua affermazione.” Gli chiedo.
“Ma è così! Perché l’uomo è più forte, è superiore. Il vero uomo è virile e ha da parte sua la capacità di fare tante cose meglio della donna [aggiungi qui altri cliché sessisti a caso]”

Mentre tentavo di fargli assaporare le sue minchiate e quindi fargli capire che non è il caso di dire certe cose nel 2014, ho sentito un leggero fastidio lungo le braccia. Un prurito, come se qualcuno tirasse la mia pelle. Avete presente quando vi mettete un maglioncino troppo aderente sulla camicia? Quando, porca la puttana, vi siete dimenticate di tenere il polso della camicia e questo se n’è andato appena sopra il gomito mentre indossavate quel maglione pruriginoso?
Ecco, la sensazione è proprio quella.
Un fastidio talmente forte da spingermi a staccare pezzi di carne cruda a morsi.
Boom. Flashback.
Ritorno all’infanzia e al ricordo di quel grembiule che mi procurava la stessa seccatura. 

Dentro di me accade tutto ciò quando la gente parla in questi termini.
Attribuire determinate qualità a qualcuno solo in quanto donna o in quanto uomo fa molto Sicilia anno 1930, quando la donna era o “bottana” oppure “massaia” e l’uomo doveva essere un “vero uomo” e mai un “quaquaraquà”. Sapere che nel cervello di alcune persone il mondo funziona ancora per categorie, mi fa venire voglia di sbucciare scalpi.
Tutto questo discorso slegato non vuole attaccare solo gli uomini, ma anche tutte le donne che quando consolano un’amica tradita dal suo ragazzo lo giustificano con la frase “E’ uomo, per natura è portato a fare il bastardo” oppure “E’ uomo. Ha bisogno di scopare con più donne”
Tu, donna, non vuoi fare sesso?
Tu, donna, sei solo una massaia fedele?
Tu, donna, sei solo Penelope e mai Medea?
Non sviliamoci con le nostre stesse mani. Non riduciamo tutto a un cliché.
Rendiamoci conto che anche questa è discriminazione di genere.

Non limitiamoci solo al rosa e all’azzurro.
Cominciamo a scegliere il colore che vogliamo per colorare il nostro grembiulino.
[Già che ci siamo scegliamo anche delle maniche più larghe ;) ]


martedì 30 settembre 2014

Parliamo in Grammelot.

Autunno.
Fine Settembre.
Caldo.
Odio.
Datemi the al caramello.
Fa troppo caldo per il the.
Fa troppo freddo per il ghiaccio.

Che fai la sera quando non esci?
Ri-guardo Twin Peaks.


Cosa vorresti fare?
Rivedere te.
Ritornare da te.

Ho davvero intenzione di recuperare il mio cinismo e la mia apatia alla Daria Morgendorffer - se non la conoscete avete passato un'infanzia ignobile. Tenetevi i vostri cartoni Disney! -

Il ruolo di Didone mi è sempre stato stretto. L'ho anche indossato, è un bel vestito che stringe sui fianchi, ma proprio non mi sta bene. Mi piace davvero, ma quelle cuciture lasciano segni dappertutto e sembro più un insaccato che una ventitreenne che cammina spedita verso la laurea.

La laurea.
Liberazione.
Dopo? Un altro posto. Un lascia passare per qualsiasi vita. Il momento in cui probabilmente lascerò le vecchie paturnie per le nuove. Almeno sarà una musica mai sentita, seppur malinconica come i migliori assoli degli Opeth. 

Ma perché non pensare al meglio?
Sicuramente ci sarà di meglio. Toccherò quel meglio! Accanto alla disperazione c'è sempre qualcosa che non va a cazzo di cane. No, non mi sono dimenticata del famigerato lato positivo. 

E ora dov'è?
Chi?
Il lato positivo.
Cazzo ne so!

Si sarà perso in stazione o a casa tua, fra i due letti a una piazza e mezzo. 
Devo venire a riprenderlo oppure vuoi riportarmelo tu?

Magari è il caso di comprarne uno nuovo di zecca, soffocato nel cellophane e nello scotch.
Ho in mano il coltello per liberarlo.
Ho le narici aperte per annusarlo.
Prendo un cucchiaio. Ho fame. Ho fame di lati positivi. 



domenica 31 agosto 2014

There's the dark that never goes out.

Con la grafica faccio cagarissimo. 

In un lontano periodo della mia vita passata riuscivo a barcamenarmi con Photoshop: provavo a fare qualche fotomontaggio sempliciotto ma dignitoso, modificavo contrasti-luminosità-saturazione con precisione maniacale e mi esibivo sui forum con inopportuna soddisfazione. 
- all'epoca c'era ForumFree dove potevi trovare angolini dedicati a ogni tipo di argomento, credo che ora sia quasi disabitato ... devo ripassarci per rievocare le vecchie glorie -

Fatto sta che questa breve esperienza tutt'ora non mi serve, è inutile, non vale un cazzo - e soprattutto non mi va di ripescarla - però in questo momento mi servirebbe un po' di forza di volontà, così potrei cambiare la grafica di merda di questo bistrattato blog. 

Non voglio followers! Voglio banner minimali e uno sfondo neutro ma elegante. Sì, fa molto fashion blogger, le critico tanto ma in realtà mi affascinano. [nota personale: non riesco a capire come mai tutte le fashion blogger del circondario hanno una stanza totalmente bianca! Dove vivete? In una sala operatoria?] 

Sto divagando.

Quello che voglio dire è che mi risolleverebbe un po' il morale avere un blog un po' più ordinato e meno poraccio. Sono un pochino patetica, ma non voglio pretendere troppo da me stessa in questo periodo.

Lista nera:

- Sto pretendendo l'amore di qualcuno, [eh inizialmente l'ho pure lasciato io, cazzo pretendo?!] il guaio è che lo sto facendo solo per puro narcisismo. La solita vecchia storia intitolata "Mi odio, amatemi voi così mi sento meglio". L'avete sentita più e più volte, quindi vi risparmio la rottura.

- Non ho idea di che cazzo fare dopo la mia fottuta triennale! Dopo aver accettato di essere uscita un anno fuori corso - disonore! -, ora mi appresto a terminare con un minimo di classe. Ma adesso arriva il panico del "E dopo?". Sono ricominciati i dialoghi con il mio cervello.
C: Psst, stai finendo eh?
S: Non rompere.
C: La solita scontrosa. Dopo che farai? Hai intenzione di battere sui viali?
S: Fottiti.
C: Peggioriamo eh? Dai c'è sempre il call center!
S: Senti, dopo la specialistica avrò molta più scelta!
C: Senti bella di zia, non sei la prima laureata in lingue. Nessuno sta aspettando te ;)
Meglio non riportarvi il seguito del dialogo... divento (molto più) volgare dopo certe affermazioni. 

- L'insonnia.

- Le cose che non capisco.
Non capisco perché non sopporto più la folla.
Non capisco perché non riesco a studiare.
Non capisco perché leggo con così lentezza.
Non capisco perché preferisco restare a casa (a meno che non ci sia qualcosa di vagamente interessante in giro).
Non capisco perché ti sto ricercando dopo averti lasciato.
Non capisco perché ti comporti così.
Non capisco perché non riesco più ad ascoltare musica senza spostare nervosamente alla prossima canzone.
Non capisco perché non riesco più a sorridere a casa.
Non capisco perché sto male in compagnia.
Non capisco perché sto male da sola.
Non capisco perché non capisco.

Azzardatevi a dirmi che è colpa del ciclo e vengo a rendervi impotenti. 


martedì 26 agosto 2014

Tu sei Settembre, Tu puoi amarmi.

Ravi Shaza - The Child 

... la musica chillout mi ha sempre fatto un po' schifo.
Non ho niente contro di lei, davvero. Ci siamo incrociate qualche volta in uno di quei bar dove mi sento fuori posto, oppure durante i training pre-teatro. Forse un po' le voglio anche bene, ma non è per niente compatibile con la sfrigolante musica che ascolto da quando sguazzavo nel grasso adolescenziale.
Musica metallica che a volte sa di sangue, a volte è incazzata anche con le pietre e a volte è solo cazzona, piena di voglia di divertirsi.
Fino a poco fa mi faceva da anestetico... Angela Gossow era mia madre e Alissa White-Gluz la mia nuova sorellastra che mi dava un esempio da non seguire.

[Sì, ho un particolare feticcio per le cantanti growl]

Adesso?

Adesso sto ascoltando Ravi Shaza.
Cazzo è chillout!
Svet! chillout!
Fai prima a versarti della lava nella tromba d'Eustachio. 


Oh, tacete! Mi state facendo rigurgitare bestemmie.
Non è la prima volta che tradisco il caro amico metallo, lo sapete benissimo. Ma certo! Qualche scappatella con qualche gruppo rock più leggero si può perdonare, ma la musica chillout per voi altri equivale ad una lettera A vermiglia sul petto. Già odio il mondo, ora mi volete indurre a commettere un genocidio.
Grazie tante!

Svet, stai parlando di nuovo da sola.

Fottesega.

Anyway, torniamo a monte.
Ultimamente questa specifica canzone (guarda su) è l'unica cosa che non mi induce a pensare al mio attuale oggetto del desiderio che, irraggiungibile o raggiungibile che sia, sta nuovamente mangiando le mie ossa come un tarlo dopo lo sciopero della fame.
Rosicchia e strappa pezzi di me con così tanto odio che quasi non riesco a pensare ad altro.
Poi metto su The Child e per 3.50 minuti divento un'altra.
Poco fa vi ho accennato del mio incontro con la chillout durante i training di teatro. Ho conosciuto questa canzone proprio lì, ci siamo stretti la mano e abbiamo ballato per un po'. Non so per quale motivo, mi ha fatto pensare ai primi videogiochi di Lara Croft*.
La immaginavo camminare fra i templi maya e arrampicarsi sulle liane con quella grazia pixellosa che da piccola invidiavo e ora mi fa pentire di non aver continuato a fare sport.
 - capite? Potevo essere Lara Croft! - Le corde pizzicate toccano la mia pelle e cancellano la tensione ... per poco sono io quella che passeggia fra i templi, sono io quella che sente in lontananza le tigri e non ha paura di niente.

La fregatura?
La canzone finisce.

Lascia qualche strascico di serenità, ma è troppo poco per un'adora-drammi come me. Il dolore si fa strada fra i rami dell'atarassia e ritorna a banchettare con me...

Ingenuamente credo che la mia cura sia Settembre.

L'anno in realtà comincia a Settembre e chi dice che comincia a Gennaio spara stronzate.
Settembre è il mese dove si tirano le somme, dove tutto ricomincia, dove l'estate c'è ancora [cazzo! Finisce il 21! Non trivellate la minchia con frasi tipo "Piango! E' tornato l'autunno" e siamo ancora al 1° Settembre] ma è arrivato il momento di riprendere i ferri del mestiere e svegliarsi dal sonno del cazzeggio.

A Settembre tutto ricomincia.
Ciò vuol dire che sarò talmente occupata con i miei impegni da non riuscire più ad aprire la porta ai tarli che vogliono mangiarmi.
Tu, tu e anche tu! Rintanatevi sotto la neve e restateci!





Però, forse mi sono illusa... com'è successo con te.







*Avere Lara Croft come eroina di infanzia mi ha reso la donna che sono. Bambine, gettate nel water Giulia Passione, cagateci sopra e tirate l'acqua.

giovedì 21 agosto 2014

Sei un Valmont? Un Romeo? ...

... Un Dorian? Un Orfeo?

Che ne dici di giocare al mio gioco preferito?
Chi sei tu? Fra tutti i personaggi che ho incontrato nella mia vita, a chi assomigli almeno un po'? No, non parlo di corpi, nè di aliti pesanti sul mio collo durante una nottata di bagordi. Parlo dell'inchiostro duro sui fogli dei miei libri e delle immagini sul mio PC.
Paragonarti a delle figure è molto più semplice.
Sarebbe come fare un grossolano riassunto di te, che ti somiglia e ti è distante.

... Un Darcy o un Arthur Dent?

Hai l'aria stanca, lo sguardo appesantito dalla dolcezza.
Sei reale?
Ridi e la terra si spacca ... il burrone si allarga e tu sei un punto che imbratta il cielo.
Sei qui?
Ridi e hai l'aria da imbranato, come se tutto intorno a te cambiasse colore ma nonostante le evidenti differenze, proprio non riesci a vedere niente di diverso.

... Un Humbert?

Hai le braccia morbide come quelle di un patrigno.
Hai le mani forti e calde come se fossi pronto ad andare a letto.
In entrambi i casi sai come toccarmi....
... ma non riesco proprio a sopportare il primo modo....
... voglio quel letto e quelle mani, ma anche tu che mi chiedi di restare...

... Ora sei Mercuzio, domani sarai Robbie. Un giorno diventerai Otello?

Cosa cerchi nella biancheria?
Un odore sconosciuto o quello che solo ieri desideravi con ardore?
Questo gioco deve continuare.
Scavare nella memoria per trovare altri esempi, altri volti che inducano a pensare che mai potrai farmi del male.
E se tu fossi un'annoiata Emma Bovary? Potrei trafiggermi con il dolce pugnale di una Capuleti.

... Sei vestito come Tyler Durden .... ma magari sei un semplice Levin.

Ecco, se tu fossi Levin...
Sai che non amo quella storia, ma Levin è diverso, potrebbe diventare un protagonista di un libro diverso. Come te, non sei la storia che mi sto immaginando.
Né quella positiva, né quella negativa.
Vorrei che tu fossi un'altra storia non scritta, che non mi stringa il cuore e i polsi nella stretta di un filo spinato.
Ti ho sfogliato per un po', ma ho avuto paura della fine.
Adesso che siamo all'inizio ho paura di aprire questo vaso di Pandora.

Chissà ... magari sei il mio Dottore e non me ne sono accorta.
... forse un Ford Perfect.
... un forte guerriero che mai mi ha abbandonata ...
... come Ettore che morì con il volto di lei stampato sulla retina.
Vorrei solo che tu non sia stato ancora scritto.


Vorrei che tu fossi un libro bellissimo, con la fine più distante di tutte.